In queste settimane di attesa per l'inizio della pubblicazione del diario, ho avuto l'occasione di parlare con molte persone di questo progetto, vuoi per farlo un po' conoscere, vuoi anche per avere dei consigli o dei feedback sulla cosa.
Ho trovato molti punti in comune con la storia del nonno, che per anni, rientrato dalla guerra, ha faticato molto a parlare anche con i famigliari, di quel periodo. E come lui molti altri reduci, soprattutto della prigionia, hanno sempre avuto molta difficoltà a condividere queste esperienze.
La motivazione che dava mio nonno, era che le cose che avevano visto e subito non erano concepibili dalla mente umana, percui non pensava che i suoi ascoltatori potessero credergli. Ne parlava invece volentieri con gli altri reduci, quando a volte venivano a trovarlo, proprio perché loro avevano visto e vissuto le stesse esperienze quindi il problema non si poneva.
Un altro aneddoto mi è stato raccontato. Il rapporto con il cibo che mio nonno aveva è stato problematico per molti anni. Non solo raccoglieva ogni briciola di pane dalla tavola, ma nessun cibo, per quanto scarto, poteva essere buttato.
Perché la fame, quella vera, quando ti colpisce, ti segna davvero.
In confronto io sono stato veramente fortunato. Non ho mai patito il freddo, non ho mai patito la fame, non ho mai camminato per decine di chilometri nella neve. Se sono andato lontano da casa, l'ho fatto di mia iniziativa, e nessuno mi ha costretto a viaggi estenuanti ammassato in treni gelati. Nessuno mi ha mai sparato e non ho mai dovuto sparare a nessuno.
Ecco, forse ci siamo dimenticati che anche solo a due generazioni di distanza questa è stata la regola. Questo lavoro è qui anche per ricordare questo.
Arrivo qua seguendo le "tracce" di Mattia Butta . . . sono molto interessata a questo periodo storico, nella battaglia del Don, intorno a Natale del '43 mio nonno fu dato per disperso, solo dopo la caduta dell'URSS si è saputo delle sue traversie, preso prigioniero e per tre mesi in un campo di prigionia (o concentramento?) russo, dove è morto. Di lui restano solo un paio di lettere dal fronte al figlio più grande (16 anni), le ultime due righe per la moglie "Cara Elvira, un saluto anche a te come vedi sto benone al presente, comincia a fare freschino. A toccare il ferro alla notte è freddissimo! Si comincia a soffiare sulle dita. Ciao baci tanti scrivi presto metti cartine per sigarette."
RispondiEliminaMi sono letta sia "centomila gavette di ghiaccio" sia "il cavallo rosso" oltre a "i più non ritornano" per saperne di più. E anche a me e capitato di parlare con parenti di qualche reduce e tutti mi hanno confermato che non ne volevano parlare. :-)
Mio padre si è trovato a 12 anni "orfano" e in questi mesi, sollecitato dai nipoti sta "buttando giù" i suoi ricordi di quell'epoca . . . chissà, magari faccio come te e li metto in rete! ;-)
Ciao, Fior ( http://hovogliadichiacchiere.wordpress.com/ )
Tutto molto interessante per me, che ho perso da poco mio padre reduce di Russia e Germania.
EliminaProbabilmente volevi dire Natale '42, non '43. Sbaglio?
Sì, certo, Natale '42 inizio '43.;-)
EliminaE i suoi ricordi parlano di come un ragazzino di famiglia cittadina si è ritrovato all'improvviso in un "collegio" in montagna, con un direttore indimenticabile, in un gruppo di coetanei con cui imparerà a cavarsela . . . una via di mezzo tra "aurevoire les enfants" e "Gianburrasca".
Peccato che il suo racconto va a rilento! :-)
Ciao, Fior
Quella cosa del rapporto che tuo padre ha con il cibo mi ha ricordato "Maus"... come anche a distanza di tanti anni, il padre dell'autore, sopravvissuto ad Auschwitz, non vuole sprecare cibo e raccoglie cose strane come spezzoni di cavo telefonico o tovagliolini di carta perchè potrebbero servire.
RispondiEliminaQuella guerra orribile ha segnato tutta una generazione, anche solo per quello che ha fatto ai nostri nonni. Sembra incredibile che oggi ci sia ancora qualcuno che vuole impelagarsi in cose come guerra e xenofobia.
Il protagonista è il nonno ;-)
EliminaLo scopo di questo lavoro è proprio quello: buttare in faccia a più giovani possibile, quanto è brutta, cattiva e violenta la guerra.
Grazie a Fiordicactus ho appreso di questo blog. Condividevo con lei il dolore dei ricordi di guerra di mio padre, anche lui in Russia con la Cosseria, fanti, non alpini...ma cosa cambia. Quello che hanno vissuto credo che vada oltre ogni limite! Le poche cose che ha voluto raccontare(e ad una bambina si cerca di raccontare sempre il meno brutto, il meno doloroso) hanno lasciato un segno profondo nel mio animo: ma anche un senso di rispetto verso tutti e tutto. Leggendo le riflessioni di questo blog, mi sembrava di ascoltare le parole di papà: in lui le motivazioni a tacere su quegli avvenimenti erano le medesime, il rapporto con il cibo era il medesimo...
RispondiEliminaSeguirò questo diario per non dimenticare, anche io! e per ritrovar il coraggio di riaprire la "cassetta di guerra" dei ricordi di papà!