sabato 12 gennaio 2013

Giornale di Brescia - pag. 17

Scarica il pdf della pagina



In rete la memoria di Nikolajewka

Su internet, giorno dopo giorno, i diari di guerra del tenente alpino Martino Occhi di Vezza


La memoria dello Scarpone viaggia nella rete. Ha attraversato le steppe della Russia sfidando i cannoni dell'Armata Rossa, ha resistito alla brutalità dei lager nazisti in Polonia e in Germania, poi ha dormito in un cassetto a Vezza d'Oglio, quindi è stata svegliata per essere diffusa in internet, nel sito www.diariodiguerra.it. È la guerra raccontata da Martino Occhi, tenente della 53esima Compagnia del Battaglione Vestone, Divisione Tridentina. Un orgoglioso «scarpone», come lui stesso chiamava in gergo gli alpini. Martino, classe 1918, è morto nel 1980 dopo una vita come maestro elementare a Vezza, Grano e Tu. Il suo foglio matricolare: in divisa nel 1938, sul fronte francese nel 1940, in quello greco-albanese nel 1941, in Russia nel 1942, prigioniero dei tedeschi dopo l'8 settembre 1943 internato nei campi di Deblin Irena (Polonia) e Mappen (Germania). Martino aveva tenuto un diario degli eventi su tre taccuini, scritti a matita e inchiostro in due periodi: dal 16 dicembre 1942 al 16 marzo 1943, dall'8 settembre 1943 all'aprile 1945. Una cronaca del disastro in Russia nel primo libretto, il racconto della prigionia negli altri due. L'idea di mettere in rete i diari è venuta al nipote di Martino, Andrea, 32 anni, laurea in ingegneria, responsabile dell'area informatica della Confartigianato di Brescia. «Non ho conosciuto mio nonno, morto il giorno in cui mia madre seppe di aspettare me, però ne ho sentito tanto parlare». In famiglia si sapeva di quei diari, «ma mio nonno non raccontava mai nulla della Russia e dei lager: "La gente non mi crederebbe" si giustificava. Si apriva soltanto - dice Andrea - con chi aveva vissuto la stessa esperienza». Nel 1997 zia Emilia, figlia di Martino, decide di trascrivere quei testi scoloriti, vergati di fretta, in situazioni precarie. L'opera viene finita da Carla, sorella di Andrea, il quale realizza il progetto: pubblicare i diari del nonno in occasione dei 70 anni dalla scrittura. Non un libro, ma un blog: «Perché internet non pone problemi di spazio e consente una narrazione giorno per giorno». Andrea, infatti, segue la cadenza quotidiana della cronaca di Martino, interruzioni comprese.
Poche, in verità. Nel periodo russo il tenente Occhi salta solo quattro giorni. Le pagine più intense sono quelle dedicate alla battaglia di Nikolajewka, il 26 gennaio 1943.
Andrea ci anticipa qualcosa, rimandando la lettura integrale del diario alle date giuste. Nel libretto, il primo febbraio, Martino Occhi annota le perdite subite dalla sua Compagnia: al 1 ̊ gennaio gli effettivi erano 347, dopo lo scontro coi russi che permise agli italiani di rompere l'accerchiamento, si contarono 13 caduti, 45 feriti, 151 dispersi (alcuni morti, altri sbandati), 37 con problemi di congelamento, 110 presenti. All'udire il resoconto, registra Occhi, il suo colonnello morì di infarto; un maggiore promise di erigere una cappella alla Madonna nei pressi di Vestone come segno di riconoscenza da parte degli scampati. Durante la battaglia Martino venne ferito. Si guadagnò la medaglia d'argento: «Comandante interinale di compagnia alpina - si legge nella motivazione - la guidava con decisione e perizia all'attacco di un caposaldo nemico. Accortosi che i serventi di una mitragliatrice erano stati messi fuori combattimento, si sostituiva ad essi riprendendo immediatamente il fuoco. Ferito, rifiutava di essere allontanato, persistendo nell'azione e guidando i suoi alpini fino al successo. Esempio di valore, abnegazione e dedizione al dovere». Il 1 ̊ settembre 1942, invece, aveva avuto sul campo una medaglia di bronzo per uno scontro a Kotowkij, sempre in Russia.
«I giovani di oggi non conoscono i sacrifici dei loro nonni o bisnonni che fecero la guerra» dice Andrea: «Perciò ho deciso di pubblicare i diari. È giusto far conoscere quelle esperienze». Martino, tornato dalla Russia in marzo, fu sorpreso dall'8 settembre mentre si trovava con la sua Compagnia a Colle Isarco: «Ho un presagio di non lieti eventi» scrisse sentendo alla radio il comunicato del maresciallo Badoglio. In effetti... I comandanti ordinarono di consegnare le armi ai tedeschi, ufficiali e soldati finirono ad Innsbruck, poi nei campi di Deblin Irena e Meppen.
Non accettò mai di collaborare con i nazisti. Nell'aprile 1945, la liberazione. Martino Occhi tornò nella casa di Vezza a luglio. In prigionia, confidandoli al diario, aveva fatto tanti progetti per il futuro di pace, come comprarsi una cascina nella Bassa. Invece fece il maestro per una vita.
Enrico Mirani






TRE TACCUINI PER RACCONTARE LA RUSSIA E IL LAGER IN GERMANIA

Ecco i tre taccuini in cui Martino Occhi ha registrato, giorno per giorno, gli avvenimenti della guerra dal 16 dicembre 1942 al 16 marzo 1943 e dall'8 settembre 1943 all'aprile 1945. Sono rimasti per decenni custoditi in un cassetto nella casa di Vezza d'Oglio fino a quando la figlia Emilia e la nipote Carla hanno deciso di trascriverli. Sono una preziosa testimonianza della ritirata di Russia e della prigionia in Germania.

L'UFFICIALE DEL «VESTONE» IN ARMI DAL 1938 AL 1945

Le mostrine di Martino Occhi,tenente (poi promosso capitano in Russia) della 53esima Compagnia alpini del Battaglione Vestone, Divisione Tridentina. Classe 1918, chiamato alla leva nel 1938, è stato sul fronte francese, su quello greco-albanese e russo. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 è stato internato nei campi di prigionia di Deblin Irena (Polonia) e Meppen (Germania).

LE CRONACHE ON LINE GRAZIE AL NIPOTE ANDREA

Andrea Occhi, 32 anni, è nipote di Martino. Ingegnere informatico, ha scelto di pubblicare il diario del nonno sul sito appositamente creato www.diariodiguerra.it. Ha preferito la rete ad un libro per questioni di spazio e per poter offrire il diario ai lettori giorno per giorno, in una cronaca viva. Martino Occhi, maestro, è morto nel 1980; era orgoglioso di essere alpino, fu tra gli animatori delle penne nere di Vezza.


«I russi ci chiamano briganti e ci temono»

«Passa la notte con me un ufficiale di fanteria. Povera Italia ha freddo a stare al fuoco. È di Roma». È il 21 dicembre 1942 e il tenente Martino Occhi, insieme ai fatti salienti della giornata, annota sul suo taccuino il severo giudizio. È orgoglioso di essere un alpino. Il 27 dicembre scrive: «Un altro ufficiale di fanteria pernotta con me. Ma cosa ne fa l'Italia di certa gente? Ci vogliono gli alpini per riuscire a combinare qualcosa di buono». Due giorni dopo: «Giunge un terzo ufficiale di fanteria ad imparare un po' come vivono gli scarponi», vale a dire le penne nere. L'ultimo giorno del 1942: «I russi chiamano gli alpini briganti e ci temono. Veramente possiamo affermare di essere i migliori soldati del mondo in combattimento. Vedi quelli del Cervino, attaccati ai carri armati con gli sci vanno all'assalto. Quelli della Julia si difendono a bombe a mano dalle torrette dei carri armati».
Qualche volta si abbraccia un amico. Come il 20 dicembre: «Arriva a trovarmi il paiso Zampatti Clemente, come si vedono volentieri dopo tanto tempo che non incontro un vezzese. Quante cose abbiamo raccontato». Dopo alcuni giorni di calma intorno a Natale, riprendono gli scambi a fuoco. Il 30 dicembre: «I nostri mortai continuano l'aggiustamento, loro rispondono e prendono in pieno un nostro rifugio. Fusi Giovita vittima sul campo, il miglior scarpone della compagnia, Contrini Remo ferito gravemente muore andando all'ospedale. Vivenzi Italo pure ferito grave ma sembra sicura la vita». Il 4 gennaio 1943: «Nella mattinata con pezzi anticarro loro colpiscono i nostri tre caposaldi però nulla di grave, vengono fatti tacere dalle nostre artiglierie». Si avvicina la
battaglia di Nikolajewka. Seguite tutto su www.diariodiguerra.it.



Nessun commento:

Posta un commento